La sezione ANPI Martiri de La Storta vi invita tutte/i a partecipare alla presentazione del libro "Voci dal lager. Diari e lettere di deportati politici 1943-1945" di Mario Avagliano e Marco Palmieri.
L'appuntamento è per venerdì 27 marzo alle 18,30 presso la sede del Circolo PD Ponte Milvio, in via della Farnesina, 37.
Testimonianza di Vera Michelin Salomon, ex detenuta politica nella germania nazista.
Interviene: Mario Avagliano Giornalista e storico, autore di numerose pubblicazioni, vice presidente dell'ANPI di Roma.
Letture a cura di Silvia Pettini e Duccio Pedercini, esecuzione canti dei deportati a cura di Simone Colaiacomo e Fabio Zona.
Letture a cura di Silvia Pettini e Duccio Pedercini, esecuzione canti dei deportati a cura di Simone Colaiacomo e Fabio Zona.
Scheda libro:
EINAUDI Anno 2012
ET Saggi pp. XLIV - 419 € 14,00
ISBN 9788806209919
ET Saggi pp. XLIV - 419 € 14,00
ISBN 9788806209919
Il libro nel sito Einaudi
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Autori:
Mario Avagliano, giornalista e storico, è membro dell'Istituto Romano per la Storia d'Italia dal Fascismo alla Resistenza (Irsifar), della Società Italiana per gli Studi di Storia Contemporanea (Sissco) e del comitato scientifico dell’Istituto “Galante Oliva”, e direttore del Centro Studi della Resistenza dell'Anpi di Roma-Lazio. Collabora alle pagine culturali de Il Messaggero e de Il Mattino. Con Einaudi ha pubblicato: Generazione ribelle. Diari e lettere 1943-1945 (2006); Gli internati militari italiani. Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945 (2009); Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945 (2011).
Marco Palmieri, giornalista e storico, è membro dell'Istituto Romano per la Storia d'Italia dal Fascismo alla Resistenza (Irsifar) e della Società Italiana per gli Studi di Storia Contemporanea (Sissco) e collabora col Centro Studi della Resistenza dell'Anpi di Roma. Con Einaudi ha pubblicato: Gli internati militari italiani. Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945 (2009); Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945 (2011).
Descrizione
L’incubo ricorrente di Primo Levi mentre si trovava ad Auschwitz, era quello di tornare in Italia e raccontare la terribile realtà del lager a parenti e amici senza essere creduto. «È un godimento intenso, fisico, inesprimibile, essere nella mia casa, fra persone amiche, e avere tante cose da raccontare: ma non posso non accorgermi che i miei ascoltatori non mi seguono. Anzi, essi sono del tutto indifferenti: parlano … come se io non ci fossi. Mia sorella mi guarda, si alza e se ne va senza far parola. Allora nasce in me una pena desolata…: è dolore allo stato puro».
Nel dopoguerra gli ex deportati si trovarono «immersi in un dolore che rifiuta l'espressione narrativa», che ebbe tra le sue ragioni di fondo il «tentativo di rimuovere una esperienza troppo forte, troppo violenta, capace di mettere in discussione radicalmente le nostre certezze di uomini occidentali e per questo profondamente inquietante», la paura di non essere creduti, la difficoltà di esprimere compiutamente l’orrore vissuto, il senso di colpa per essersi salvati, il rifiuto da parte di editori, storici, mass media di ascoltare e di far conoscere quanto era accaduto nei campi di concentramento tedeschi. Questo insieme di fattori ha determinato un vuoto di memoria e di conoscenza che ancora oggi stenta ad essere pienamente colmato, in modo particolare per i deportati politici e i lavoratori coatti, ai quali è dedicata questa ricerca.
Eppure le statistiche attestano che si trattò di un fenomeno niente affatto irrilevante, visto che i deportati politici italiani (membri o collaboratori del movimento resistenziale o sospettati di antifascismo) furono circa 24 mila (10.129 di loro, pari a circa il 42,5% del totale, morirono nei lager), mentre altri 100.000 italiani (ignari cittadini, sospettati di antifascismo, renitenti alla leva, detenuti comuni, ostaggi) furono precettati o rastrellati e trasferiti nel Reich dopo l’armistizio come lavoratori coatti.
In questo studio – parte di un progetto più ampio sulle lettere e i diari dell’epoca nell’ambito del quale Einaudi ha già pubblicato “Generazione Ribelle”, “Gli Internati Militari Italiani” e “Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia” – si è deciso di prendere in esame contestualmente i deportati politici e i lavoratori coatti poiché, per quanto le due vicende sono profondamente diverse tra di loro, hanno significativi punti d’incontro nella comune esperienza della deportazione (intesa in senso ampio di sradicamento forzato e punitivo dalla propria vita e dalla propria terra), della reclusione nei lager o nei campi speciali per lavoratori (sottoposti a un livello esistenziale più o meno subumano) e del lavoro coatto finalizzato allo sfruttamento e, in ultima istanza, all’annientamento psicologico, morale oltre che fisico dei nemici del nazismo.
Negli ultimi venti anni la storiografia, per supplire alla scarsità di studi e di documentazione sulla deportazione italiana, in particolare quella politica, ha fatto largo uso della fonte delle testimonianze orali, che hanno consentito di fare luce su molteplici aspetti del sistema concentrazionario. Poche ricerche invece hanno riguardato, almeno in Italia, una fonte di prima mano, coeva, ancora reperibile in misura relativamente discreta e mai prima d’ora esplorata con ampiezza e sistematicità, rappresentata dalla corrispondenza (ammessa solo in alcuni casi, entro certi limiti e comunque sottoposta a censura) e dai diari (rigorosamente
clandestini).
Questo lavoro, dunque, in un momento in cui gli studi sulla deportazione dall’Italia hanno ripreso vigore anche grazie alla pubblicazione del “Libro dei Deportati” e al fiorire di manifestazioni in occasione della Giorno della Memoria, propone una storia dal basso della deportazione e del lavoro coatto, ricostruita e raccontata con la viva voce delle vittime attraverso gli scritti coevi. Il suo obiettivo è duplice: recuperare e rimettere a fuoco la memoria collettiva di una vicenda troppo spesso e troppo a lungo dimenticata e contribuire alla ricostruzione storica, dettagliata e approfondita, attraverso il recupero e lo studio sistematico di una gran mole di fonti – i diari e le lettere appunto – utili per sopperire alla carenza di documenti ufficiali.
I diari e le lettere raccolti, scritti tra la fine del 1943 e il 1945, sono per lo più inediti o pubblicati esclusivamente a livello locale e familiare e sono stati raccolti in forma di antologia che, nella sua cadenza tematica e cronologica (la partenza, il viaggio, la vita e la morte nei lager e nei luoghi di lavoro forzato, fino alla liberazione e al ritorno dei
sopravvissuti), consente un’approfondita rappresentazione corale del mondo capovolto della deportazione, attraverso la voce dei protagonisti annotata nel vivo degli avvenimenti.
Si tratta di documenti di straordinario valore storico, anche perché non hanno il carattere di memorie successive, ma sono stati scritti nel calore degli avvenimenti: ne emerge un quadro vario e articolato, nel quale la particolarità della singola esperienza, sottoposta ai vincoli della corrispondenza censurata e della scrittura clandestina, grazie alla coralità delle testimonianze diventa tassello di un racconto storico più ampio e generale. Il dramma individuale si fa cioè collettivo e l’apparente frammentarietà delle testimonianze diventa una risorsa preziosa per mettere a fuoco da vicino e nel dettaglio ogni singolo aspetto della vicenda storica generale.
Mario Avagliano, giornalista e storico, è membro dell'Istituto Romano per la Storia d'Italia dal Fascismo alla Resistenza (Irsifar), della Società Italiana per gli Studi di Storia Contemporanea (Sissco) e del comitato scientifico dell’Istituto “Galante Oliva”, e direttore del Centro Studi della Resistenza dell'Anpi di Roma-Lazio. Collabora alle pagine culturali de Il Messaggero e de Il Mattino. Con Einaudi ha pubblicato: Generazione ribelle. Diari e lettere 1943-1945 (2006); Gli internati militari italiani. Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945 (2009); Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945 (2011).
Marco Palmieri, giornalista e storico, è membro dell'Istituto Romano per la Storia d'Italia dal Fascismo alla Resistenza (Irsifar) e della Società Italiana per gli Studi di Storia Contemporanea (Sissco) e collabora col Centro Studi della Resistenza dell'Anpi di Roma. Con Einaudi ha pubblicato: Gli internati militari italiani. Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945 (2009); Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945 (2011).
Descrizione
L’incubo ricorrente di Primo Levi mentre si trovava ad Auschwitz, era quello di tornare in Italia e raccontare la terribile realtà del lager a parenti e amici senza essere creduto. «È un godimento intenso, fisico, inesprimibile, essere nella mia casa, fra persone amiche, e avere tante cose da raccontare: ma non posso non accorgermi che i miei ascoltatori non mi seguono. Anzi, essi sono del tutto indifferenti: parlano … come se io non ci fossi. Mia sorella mi guarda, si alza e se ne va senza far parola. Allora nasce in me una pena desolata…: è dolore allo stato puro».
Nel dopoguerra gli ex deportati si trovarono «immersi in un dolore che rifiuta l'espressione narrativa», che ebbe tra le sue ragioni di fondo il «tentativo di rimuovere una esperienza troppo forte, troppo violenta, capace di mettere in discussione radicalmente le nostre certezze di uomini occidentali e per questo profondamente inquietante», la paura di non essere creduti, la difficoltà di esprimere compiutamente l’orrore vissuto, il senso di colpa per essersi salvati, il rifiuto da parte di editori, storici, mass media di ascoltare e di far conoscere quanto era accaduto nei campi di concentramento tedeschi. Questo insieme di fattori ha determinato un vuoto di memoria e di conoscenza che ancora oggi stenta ad essere pienamente colmato, in modo particolare per i deportati politici e i lavoratori coatti, ai quali è dedicata questa ricerca.
Eppure le statistiche attestano che si trattò di un fenomeno niente affatto irrilevante, visto che i deportati politici italiani (membri o collaboratori del movimento resistenziale o sospettati di antifascismo) furono circa 24 mila (10.129 di loro, pari a circa il 42,5% del totale, morirono nei lager), mentre altri 100.000 italiani (ignari cittadini, sospettati di antifascismo, renitenti alla leva, detenuti comuni, ostaggi) furono precettati o rastrellati e trasferiti nel Reich dopo l’armistizio come lavoratori coatti.
In questo studio – parte di un progetto più ampio sulle lettere e i diari dell’epoca nell’ambito del quale Einaudi ha già pubblicato “Generazione Ribelle”, “Gli Internati Militari Italiani” e “Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia” – si è deciso di prendere in esame contestualmente i deportati politici e i lavoratori coatti poiché, per quanto le due vicende sono profondamente diverse tra di loro, hanno significativi punti d’incontro nella comune esperienza della deportazione (intesa in senso ampio di sradicamento forzato e punitivo dalla propria vita e dalla propria terra), della reclusione nei lager o nei campi speciali per lavoratori (sottoposti a un livello esistenziale più o meno subumano) e del lavoro coatto finalizzato allo sfruttamento e, in ultima istanza, all’annientamento psicologico, morale oltre che fisico dei nemici del nazismo.
Negli ultimi venti anni la storiografia, per supplire alla scarsità di studi e di documentazione sulla deportazione italiana, in particolare quella politica, ha fatto largo uso della fonte delle testimonianze orali, che hanno consentito di fare luce su molteplici aspetti del sistema concentrazionario. Poche ricerche invece hanno riguardato, almeno in Italia, una fonte di prima mano, coeva, ancora reperibile in misura relativamente discreta e mai prima d’ora esplorata con ampiezza e sistematicità, rappresentata dalla corrispondenza (ammessa solo in alcuni casi, entro certi limiti e comunque sottoposta a censura) e dai diari (rigorosamente
clandestini).
Questo lavoro, dunque, in un momento in cui gli studi sulla deportazione dall’Italia hanno ripreso vigore anche grazie alla pubblicazione del “Libro dei Deportati” e al fiorire di manifestazioni in occasione della Giorno della Memoria, propone una storia dal basso della deportazione e del lavoro coatto, ricostruita e raccontata con la viva voce delle vittime attraverso gli scritti coevi. Il suo obiettivo è duplice: recuperare e rimettere a fuoco la memoria collettiva di una vicenda troppo spesso e troppo a lungo dimenticata e contribuire alla ricostruzione storica, dettagliata e approfondita, attraverso il recupero e lo studio sistematico di una gran mole di fonti – i diari e le lettere appunto – utili per sopperire alla carenza di documenti ufficiali.
I diari e le lettere raccolti, scritti tra la fine del 1943 e il 1945, sono per lo più inediti o pubblicati esclusivamente a livello locale e familiare e sono stati raccolti in forma di antologia che, nella sua cadenza tematica e cronologica (la partenza, il viaggio, la vita e la morte nei lager e nei luoghi di lavoro forzato, fino alla liberazione e al ritorno dei
sopravvissuti), consente un’approfondita rappresentazione corale del mondo capovolto della deportazione, attraverso la voce dei protagonisti annotata nel vivo degli avvenimenti.
Si tratta di documenti di straordinario valore storico, anche perché non hanno il carattere di memorie successive, ma sono stati scritti nel calore degli avvenimenti: ne emerge un quadro vario e articolato, nel quale la particolarità della singola esperienza, sottoposta ai vincoli della corrispondenza censurata e della scrittura clandestina, grazie alla coralità delle testimonianze diventa tassello di un racconto storico più ampio e generale. Il dramma individuale si fa cioè collettivo e l’apparente frammentarietà delle testimonianze diventa una risorsa preziosa per mettere a fuoco da vicino e nel dettaglio ogni singolo aspetto della vicenda storica generale.
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